Rosellina Archinto è una figura carismatica della vita culturale milanese e dell’editoria italiana. La casa editrice che porta il suo nome, fondata nel 1985 e specializzata in epistolari, è di culto tra gli amanti dei libri proprio per la ricercatezza delle proposte.

Prima di darsi agli epistolari, Rosellina Archinto si era dedicata ai libri per bambini, fondando nel 1963 la Emme Edizioni, che pure ha lasciato un segno nell’editoria per la raffinatezza nella scelta degli illustratori dei libri. Oggi, quel filone della letteratura per l’infanzia prosegue con la figlia Francesca, che a sua volta nel 1999 ha fondato una casa editrice, la Babalibri.
Nel 2015, l’anno dei grandi rivolgimenti editoriali, quando gli amministratori del Corriere della Sera per ripianare i debiti vendettero la RCS libri a Mondadori, Rosellina Archinto scelse di abbandonare il gruppo che dal 2003 aveva acquisito il suo marchio editoriale lasciandole la gestione, e ne riacquisì la proprietà.
Signora Archinto, lei ha venduto la sua casa editrice, e a un certo punto però se l’è ricomprata. Come mai?
Perché a quel punto lì non sapevo come finiva. Con RCS avevo una garanzia di indipendenza delle scelte editoriali, ma nel passaggio di proprietà rischiavo di non poter più far quel che volevo. E allora a più di ottant’anni me la sono ripresa. Certo, di questi tempi è durissimo fare il piccolo editore.
Quali libri sono gli ultimi che ha scelto di pubblicare?
È appena uscito un libro bellissimo di Sandra Bonsanti. Ha scritto la storia della sua vita a Firenze durante la guerra, degli incontri con i poeti, con gli scrittori. E poi pubblicherò lo scambio epistolare tra Roberto Longhi e Giuliano Briganti. Cerco di fare molti italiani, ma è difficile trovare belle lettere che valgano la pubblicazione, come quelle della passione senile di Eugenio Montale per la poetessa greca Margherita Dalmati. Usciranno prima di Natale.
Come fa a trovare ancora epistolari inediti?
Io penso che gli ultimi rimasti in circolazione siano quelli che pubblicherò adesso. Ora sono subentrate le mail, le telefonate, le videoconferenze… E poi, soprattutto, bisogna trovare degli eredi intelligenti, come mi è successo con Longhi e Briganti. Gli eredi sono tremendi, sono dei censori.
Lei scrive lettere?
Ne ho scritte davvero tante. Non ne ho tenuto copia, le avrà chi le ha ricevute. Non mi piace l’uso delle mail, penso che le lettere siano più carine e affettuose. Quando muore qualcuno scrivo lettere, non messaggi via web.
Quante copie si vendono di un epistolario? Richiede un tipo di lettore molto raffinato.
In media 300 copie. Delle lettere di Elias Canetti ne sono state vendute circa 400. Una volta stampavo 2 o 3000 copie di un libro, ora se va bene sono 1000 o addirittura 500. Va detto che in Italia non esiste un’attitudine agli epistolari, mentre in Inghilterra e c’è proprio una tradizione, è un genere coltivato e frequentato.
Lei adesso è in Liguria. Ha lasciato Milano?
No, ci torno sempre. Dopo un po’ ho voglia di stare in città, mi piace da morire sedermi in un bar e guardare il traffico, osservare le persone che corrono agli appuntamenti… Io la campagna proprio non la reggo: tutto il verde e quegli insetti che lo popolano mi fanno venire i nervi. Sono una signora da città. E poi, dopo un po’ mi mancano gli amici di Milano.
Quali sono i grandi amori della sua vita?
Sicuramente i libri. E, certo, i figli, con cui ho un rapporto meraviglioso. Sono la cosa più bella che ho avuto nella vita, ho dedicato loro molto tempo e loro me ne dedicano moltissimo ora.
Poi ci sono stati mio marito (Alberico Archinto, con cui ha avuto cinque figli) e Leopoldo (Leopoldo Pirelli, con cui Rosellina Archinto, dopo la morte prematura del marito, ha avuto un amore quarantennale). Ora posso dire che anche la mia vita sta per finire, e perciò mi godo quello che resta. La vecchiaia è molto meglio che niente. Voglio dire: il niente sarebbe peggio. In questi anni ho perso molti amici, conosco il valore della vita e cerco di gustarmela fino all’ultimo.