Raccontare i cinque sensi, in cucina. Il gusto ad esempio, tanto per iniziare… Sembra fin troppo facile, la banalità è in agguato. E allora lasciamo per un attimo i fornelli e volgiamo semmai il nostro sguardo alle mantecatrici. Pensiamo quindi a un gelato che abbia i sentori dell’aria prima di un temporale; a un altro che sappia di colline parmensi; poi a un sapore che richiami l’odore di una cantina in cui stagiona il culatello; o di una barrique pronta ad accogliere un buon vino.

Follia? No. «Solleticare ricordi esperienziali legati al profumo di qualcosa di non edibile, ma che fa parte del nostro vissuto»: è quello che si propone Stefano Guizzetti, bergamasco a Parma, classe 1982, una laurea in Agraria con tesi sulla chimica del gelato e appunto gelatiere con le sue insegne Ciacco che sono un successo nella città ducale, ma anche a Milano.

La sua prima linea è classica: pistacchio, gianduia, nocciola, crema, stracciatella, fragola, limone… Poi già si va sul difficile: tè verde Matcha, mojito mediterraneo, quasi cheesecake, crema del miracolo, zen circle. Infine c’è la ricerca più pura, come quando confessa: «Sto studiando un gusto che evochi la fragranza dell’aria prima di un temporale, vediamo se ci riesco». Insomma, si propone di rendere aroma (aroma, ça va sans dire, su cono, in coppetta o vaschetta) l’essenza di un momento, di un luogo, di un ricordo, di una percezione.

Qualche tempo fa eravamo a pranzo Al Vèdel di Colorno, il ristorante di Podere Canassa, nelle viscere della cui cantina maturano 7mila splendidi culatelli. «Guizzetti? Lo conosco, è passato a trovarci. Vuole realizzare un gelato al profumo che si respira qui dentro, infondendone il bouquet in un olio di vinacciolo messo qui a riposare, per mesi», ci raccontò patron Enrico Bergonzi mentre ci faceva da guida tra pareti di magnifici insaccati. La notizia non ci sorprese: qualche settimana prima avevamo trovato eccezionale un’altra creazione del gelatiere, che sapeva, insieme, di rum, vaniglia, caffè, liquirizia, caramello, fumo… Ottenuta come? «Faccio stagionare (!) per una settimana una base di gelato al latte a 65° a contatto con legno nuovo di rovere tostato a fiamma», ed ecco a voi il gelato barricato, un capolavoro, mesdames et messieurs (si pensi solo ai possibili sviluppi di questa tecnica, cambiando ad esempio il tipo di legno, o la sua tostatura, o la base da aromatizzare, meglio se lattica «perché i grassi fanno da conduttore aromatico». Un fronte nuovo dalle enormi potenzialità).
Spiega: «Giocare coi profumi nel gelato è difficile, perché in genere è semmai il caldo a valorizzare la componente olfattiva». Ma lui ci lavora duro, «uno dei primi gelati che realizzai, molti anni fa, fu un sorbetto all’uva fragola. Mi rimandò automaticamente con la memoria alla casa dei nonni. Da allora mi dedico proprio al ricordo».

Ha iniziato con l’idea di raccontare sopra a un cono le sue colline parmensi, dunque i foraggi, l’erba medica. «Il risultato ottenuto ci ha dischiuso un percorso, perché stimolava la memoria olfattiva, oltre che il palato. Mangi qualcosa che sa di un elemento non edibile, ma che appartiene alla tua vita». Guizzetti è entusiasta perché ha recentemente trovato un produttore di parmigiano bio che conserva alcune balle di fieno di montagna invecchiato un anno, «ne ho preso un po’. Di solito usiamo invece l’erba fresca, appena falciata, che poi essicchiamo in laboratorio. Sono proprio curioso di capire come cambierà il gusto che ne ricaverò».
Si procede per prove e assaggi, gli esiti sono spesso imprevedibili: «Volevo un gelato che sapesse di sottobosco», allora ha messo in infusione delle cortecce di abete raccolte quando c’è più linfa e da alberi grandi, che danno più aroma, per ottenerne note terrose, umide». Ottima riuscita al primo tentativo, poi invece la replica l’ha deluso: «Il prodotto rimaneva buono, ma non come il precedente, quando mi sentivo come trasportato nel bel mezzo di un bosco». Spiegazione: «Le cortecce sembravano uguali, ma evidentemente non lo erano. L’albero dal quale le ho prese era diverso, forse è questo il motivo. Boh! Sto provando a capire».
Come noi vorremmo capire dove Guizzetti sarà condotto nel perseguire la sua ultima sperimentazione: un gelato al gusto di pulito, di bucato. «Tecnicamente non credo sia una cosa complessa. Ma non so neppure io come sarà all’assaggio, se sarà appagante o no». La nuova frontiera è zeppa d’incognite, ma anche di fascino.
La Bio
di Carlo Passera

Carlo Passera, classe 1974, milanese orgoglioso di esserlo (ma con un po’ di sangue toscano, circostanza che lo gratifica), è giornalista professionista dal 1999, ossia un millennio fa. Da bambino voleva fare proprio questo lavoro o, in alternativa, il bigliettaio sui pullman. Non gli è andata male: il secondo mestiere è ormai scomparso, il primo ancora sopravvive, seppur a stento. È stato a lungo responsabile di redazioni politiche nei quotidiani, dedicandosi al cibo nel tempo libero. Ora fa l’opposto ed è assai contento così. È convinto di avere un buon sense of humor; crede che gentilezza e tolleranza possano rendere il mondo migliore; ama l’Inter, il cinema d’autore e soprattutto viaggiare. Coordinatore della redazione di identitagolose.it